La Fortuna e il Destino dei Linguaggi

I codici e le comunicazioni permanenti dell’uomo determinano da sempre l’aspetto estetico della sua sensibilità e della sua stessa immaginazione: attraverso il tempo lineare si modificano così i sistemi espressivi della sfera individuale ed universale della memoria, ancora presenti nell’anima vitale del nostro mondo contemporaneo.

I linguaggi custodiscono allora i nostri pensieri, e dei pensieri assolvono i momenti che all’oblio remoto lasciano il dominio del ricordo, mentre consegnano ai sentimenti dell’oggi il fascino dell’emozione, che nel vento suo forte e incontenibile travolge le barriere della ragione e ne trascina i limiti epocali verso le mutevoli e magiche frontiere dell’intuizione pura.

Le configurazioni delle Arti visive non sono dunque mere tecniche formali, né strategie dialettiche affini agli strumenti logici, empirici ed astratti, spesso unicamente asserviti alla tensione e al moto spirituale dell’essere: recano infatti, qui, l’intensa vibrazione, la coda sonora e l’intima pregnanza che ci conduce ai mondi irrazionali, vergati dalle libere armonie dei tratti immaginifici del cuore.

La storia ha demandato a questi mezzi il tema del racconto delle cose, fino al punto in cui l’universo tardo-romantico, idealista e simbolista, ha assimilato e fuso, ormai da due secoli a questa parte, tali momenti e tali mezzi dell’anima in un atto simultaneo, contestuale e unificante: ad una forma è così ascritto un colore, unico e solo, che nasce con la cosa stessa esaltandone i campi plastici e spaziali, che ne manifestano gli aspetti intimi o le ridondanze spettacolari, proprie di ogni fioritura.

In questa dimensione i linguaggi mostrano così la propria credibile consistenza, presentando le meraviglie dell’Artificio che si muove dalla magica mimesi della Natura e mediando le forme stesse dei paesaggi attraverso la scansione critica e selettiva che li rende ancora leggibili allo sguardo contemporaneo, saldato alle insopprimibili radici della storia e della memoria universale.

Nelle stagioni attuali, che determinano il nostro tempo, le metafore dello spirito privato e dell’anima collettiva perdono la coerenza e la connessione della loro possibile sintassi alternativa, banalizzando ed impoverendo i temi e le speranze affini alla pulsante civiltà dei nostri giorni.

Si sostituisce pertanto l’adagio di un casuale e disordinato sincretismo all’immenso ed acquisito apparato dell’eclettismo storicistico, che ha generato le insopprimibili suggestioni delle forme e degli spazi dell’aura tardo-ottocentesca, così come attualmente l’effimera moda della decostruzione della forma sgretola le vette assolute della consistenza e della qualità organica, statica o dinamica, degli stili classici in ogni moderna ed agibile nuova configurazione.

Rimane in realtà opinione consolidata e diffusa, fra quanti non raccolgono con rassegnazione i segni espliciti, ormai fatali e irreversibili, dell’odierno crepuscolo dell’Occidente, che un nuovo palinsesto delle immagini ed una nuova linfa sintattica dei loro codici debbano insieme rifondare l’espressione artistica dei nostri mondi che fra segno e simbolo, forma e colore, spazio e paesaggio, si predispongano ancora a costruire gli scenari inediti e rinnovabili del nostro avvenire protagonista nella stessa Civiltà prossimo-ventura.

A tale compito e a tale ruolo epocale determinante, si crede di associare così il Futuro e la medesima fortuna critica dei nuovi, possibili, integrali linguaggi del domani.

Riccardo Cecchini -

Riccardo Cecchini – “Porta Settentrionale”, china acquarellata (2013)