IL CODICE DELLA SCENA PAESAGGISTICA

ANNOTAZIONI DI ARCHITETTURA AMBIENTALE

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[Arcosanti – Paolo Soleri, Arizona 1970]

Ci identifichiamo nella dimensione globale di un vasto panorama visivo attraverso le scale salienti della percezione, che ci conducono gradualmente dall’isolato insediamento in villa al giardino del suo immediato intorno, cosi come dal parco che avvolge generalmente questo sistema circoscritto all’intero paesaggio, che giustifica l’intero assetto formale del nostro territorio.

Assumiamo così l’estensione dell’intero bacino ambientale, in cui “il senso dell’ordine” di Ernst Gombrich verifica e assevera il suo apparato per fornire all’intelletto un punto di leggibilità e di deduzione dei grandi spazi complessi, percepibili a volo d’uccello: gli insediamenti umani, dalla città al toponimo, si collocano qui in un campo organico precostituito, dialogando od opponendosi, da sempre, con le forme della natura e divenendo parti decisive ed integranti della modellazione e della vergatura dell’intero paesaggio.

Consideriamo in tale ambito la costante modificazione dei diversi luoghi, nonché la conseguente, dinamica alterazione dei siti in cui distinguiamo questa scena immensa, che l’uomo identifica nel cantiere in divenire del proprio tempo.
Nell’ambito di tale consolidata condizione, l’architettura paesaggistica contemporanea è chiamata oggi ad esprimere una riconciliazione fra le estreme posizioni radicali dell’occidente tecnocratico e le nuove istanze culturali, che favoriscono l’ingresso dei repertori figurativi della natura all’interno e all’esterno dei nostri spazi abitati, anche per merito degli orientalismi e degli esotismi che già hanno esordito, con l’assoluto fascino delle loro inedite immagini, alla fine del XIX secolo.

Il vedutismo visionario dei maestri dell’Architettura Organica favorisce ancora questo tipo di tendenza e di consapevolezza, che dagli anni compresi fra le due Guerre alla metà degli anni Sessanta ha esaltato il giapponismo in una concezione totalizzante dell’architettura, della sua rinnovata definizione, nell’imprescindibile cornice dell’ambiente naturale circostante. Il disegno integrale e prospettico del territorio, così come espresso e prodotto dalla matita profetica di Frank Lloyd Wright, è così ancora parte delle più avanzate suggestioni visive contemporanee, così come il progetto di Arcosanti, ad opera del grande epigono ed utopista Paolo Soleri, recentissimamente scomparso, continua a perseguire il sogno di una modellazione integrale del paesaggio, attraverso il codice complesso e colossale delle megastrutture urbane in permanente trasformazione.

É appena il caso di ricordare, tuttavia, come il disegno di una regia totale nell’individuazione e nella modellazione di un possibile genius loci per l’opera dell’uomo, sia appartenuto a quegli architetti e a quei paesaggisti che fin dall’antichità hanno realizzato le strutture del nuovo ordine costruttivo dominato dalle grandi visioni: il pensiero classico, che ha assunto storicamente la sfida di sostituire la natura con l’artificio, ha edificato i nuovi rilievi del territorio con le forme gigantesche delle emblematiche e spettacolari città verticali. Non ricorre inutilmente, in tal caso, il regesto di Apollodoro di Damasco, nella specifica vicenda architettonica e scenografica romana dei Mercati e dell’intero Foro di Traiano, risalente agli albori del II secolo d.C., così come appare in tutta la sua ridondanza la progettazione integrale ed organica della grande Roma barocca formalmente governata dalla mano geniale ed esuberante di Gian Lorenzo Bernini.

É in questo senso che avanziamo, forse isolati, l’auspicio a ché una rinnovata architettura possa oggi ricostituire il tratto fondamentale di una grande dimensione della moderna e autentica bellezza dei nostri spazi, di nuovo rivolta alla tutela e alla valorizzazione dell’intera civiltà, dell’intero patrimonio e dell’intero paesaggio contemporaneo.

Riccardo Cecchini

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[Mercati di Traiano – Apollodoro di Damasco, Roma II sec. d.C.]